Mostre
05/05/2011
Lucia Baldini – Buenos Aires cafè
Categoria: Mostredal 9 al 19 giugno
Sala Caminetto Palazzo RFB - Sacile (PN)
Si inaugura il 9 giugno alle ore 19.00 la mostra fotografica di Lucia Baldini "Buenos Aires cafe".
La mostra propone una raccolta di immagini tratte dai libri "Giorni di Tango", "Tangomalìa" e "Buenos Aires cafe".
Una carrellata di oltre 50 immagini in bianco e nero rigorosamente analogico stampate su carta ai sali d'argento e una sezione di Polaroid che andranno a creare una curiosa quadreria.
dal 9 al 19 giugno
Dire Buenos Aires è come dire tango. Ma dire Buenos Aires è anche come dire: Evita; o: Borges; o: cielo immenso sopra una metropoli immensa, immigrazione italiana e concrezione di dialetti in una lingua immaginaria – il lunfardo. E, ancora, dire Buenos Aires è come dire: golpe, esilio, desaparecidos, quartieri della miseria, scandali politici ed inflazione galoppante.
Ad ognuna di queste parole la città presta la propria faccia: interpreta la parte che le è stata assegnata e poi, ancora, cambia di nuovo.
Non è possibile essere lineari, quando si parla di questa città: due dimensioni non bastano, tre sono troppo poche. E allora serve chiedere aiuto a più linguaggi, mescolarli e dare vita a qualcosa di diverso:
Non si può semplificare una città che è, sin dalla sua nascita, il risultato della stratificazione e dell’imitazione. Per questo è necessario ricorrere a più forme dell’espressione, occorre ibridarsi.
E Lucia Baldini fa esattamente questo: mescola i linguaggi, raccontano attraverso le fotografie.
La macchina fotografica di Lucia Baldini è più che mai precisa. Ascolta i particolari, fa parlare le ombre, rapisce il pensiero di un albero, di una piazza, di un salone da tango, di un selciato. É inquieta fino all’angoscia, e lucida fino all’impudicizia.
Sulla mescolanza perenne e inestricabile di queste due dimensioni (la mitica e la quotidiana) che sono la sostanza di cui Buenos Aires, da sempre, si nutre.
E, in questo, sono i caffé il luogo d’elezione: quello dove la metropoli si fa piccola; dove l’enormità, l’assurdo, lo spaesamento cercano di sopravviversi attraverso il calore e l’intimità rassicurante del contatto umano.
Basta chiedere ai grandi, del passato ma non solo, e ognuno del proprio passaggio formativo a Buenos Aires citerà il proprio locale preferito: Pirandello aveva il nobile Tortoni; García Lorca la confiteria dell’Hotel Castelár; Roberto Arlt il Café Margot; Borges il giardino esterno de La Biéla.
Per ciascuno un locale, uno stile, una storia.
Lucia Baldini si muove sull’inflessibile reticolato stradale della città come in una scacchiera della memoria. E più la costruzione geometrica delle avenidas appare rigida, più inaspettati sono gli incontri che ne scaturiscono.
Perchè Buenos Aires è, insieme, la città più a sud dell’occidente; e la città più occidentale del sud.
Ed è, fondamentalmente, una sola cosa: una lunga insonnia.
In cinquecento anni di vita, Buenos Aires non si è fatta mancare nulla: non una ma due fondazioni, la prima metropolitana del Sud America, uno dei teatri più grandi del mondo, svariate crisi e immancabili rinascite, fragorosi crack e spregiudicate vasche da bagno in oro. Più di duemila chilometri la dividono da qualsiasi altra forma urbana, un Oceano intero la separa dal Vecchio Continente, eppure la città non sembra aver mai patito la solitudine. Anzi: Buenos Aires attira, placidamente e spezzando ogni resistenza, come un vecchio magnete. Pirandello, Lorca, Delibes, Rubinstein: l’elenco di quelli che hanno voluto visitarla è infinito e autorevole. Borges, Sábato, Soriano, Fernández: altrettanto cospicua è la lista di chi ne ha parlato, o ha provato a farlo.
Perchè, appena si arriva a Buenos Aires, non ci si può non rendere conto che quei centoquarantaquattro isolati in cui è divisa non sono altro che un’illusione.
E’ ortogonale la città, certo: divisa in un reticolo meticoloso, con le vie perpendicolari. Per questo si può anche credere di poterla contenere tutta, come un oggetto logico. Ma a Buenos Aires le cose non sono mai quello che sembrano: la città stessa ha cannibalizzato le immagini di tutte le altre città. Assomiglia a Parigi, potrebbe essere Sidney, ha un cielo italiano, monumenti che fanno pensare al Messico o a qualche paese della Spagna. Perfino il Giappone ha la sua illusione: un parco con lago, carpe e bancarelle di fritto che sembra proprio Tokyo.
Andare lungo le strade di Buenos Aires è come entrare nelle vene di una creatura viva, che continua a mutare, a crescere, a invecchiare e a inventarsi di nuovo.
Il tango c’è, naturalmente. E non potrebbe non esserci. Ma partecipa anche lui, da protagonista, al gioco delle illusioni: più se ne parla, più si ritrae dietro le rughe di un vecchio cantante. Mostra qualche sbrecciatura, non più la freschezza di un tempo. E’ tango quello di cui la città parla, in ogni istante, a qualsiasi ora, in infinite varianti di tacchi a spillo. O forse è altro: diverso, sfuggente, raro. Più presente anche soltanto in un cielo, incorniciato da una balaustra.
In un viaggio che è anche un viaggio interiore, personale, vissuto, un diario a quattro mani: nella capitale fisica e metafisica dell’illusione.
Lo stesso giorno alle ore 20.00 ci sara la presentazione del libro "Buenos Aires cafe" con le autrici Lucia Baldini e Michela Fregona
Il libro Buenos Aires cafe ha vinto il premio Marco basti anelli 2010
